Il rapporto 2012 si focalizza su 3 ambiti: la posizione dell’Italia rispetto all’Europa, gli effetti di genere del perdurare della crisi, il dilemma della conciliazione tra lavoro e esigenze di cura.
Il 2012 non ha consegnato segnali di ripresa per il lavoro delle donne. Anzi, nel generale calo dell’occupazione, prevalentemente qualificata, ha penalizzato la fascia giovanile, imbrigliata nella spirale della disoccupazione; gli over 50, che una volta perso il lavoro non sono più riassorbite dal mercato formale, nonostante l’apparente aumento del tasso di occupazione di questa fascia di età dovuta all’aumento della permanenza al lavoro richiesto dalla riforma pensionistica; l’aumento della discontinuità occupazionale, testimoniata da rapide incursioni nel mercato, segnate da altrettanto rapide fuoriuscite e infine l’aumento della debolezza contrattuale delle donne, la cui presenza è sempre più consistente nelle occupazioni temporanee e precarie. Tale presenza è infatti cresciuta sino a raggiungere il doppio del livello europeo la quota di part time involontario, ossia richiesto dalle imprese; è aumentata la quota di donne beneficiarie di ammortizzatori sociali soprattutto in deroga.
In questo contesto le policy, formalmente, affermano l’importanza di innalzare i tassi di partecipazione e di inclusione nella vita economica e sociale delle donne, nella consapevolezza che un investimento in questo campo presenta effetti diretti su bilanci familiari, consumo e stimola la creazione di nuova occupazione. Sostanzialmente, invece, le politiche specificatamente rivolte alle donne, anche su base regionale, continuano a latitare. L’attenzione si concentra sui target dello svantaggio sociale (ex Regolamento CE 800/08) che, come ogni approccio di tipo generalista consente maggiori ambiti di intervento e di correzione in itinere. Il Data base Open coesione evidenzia che l’area dello svantaggio occupazionale nel periodo 2010-2012 ha beneficiato di un impegno di policy che si sostanzia in 67.790 progetti per una spesa pari a 2.170 milioni, ossia, il 43% di quanto speso per il totale dei progetti che nello stesso periodo hanno trovato copertura finanziaria su FSE, con differenze regionali riportate nel rapporto.
Ma all’interno di questa grande categoria, cosa può contribuire a risollevare la partecipazione femminile? Le policy regionali esplicitamente rivolte alle donne ci sono e vanno dall’assegnazione di voucher di conciliazione agli interventi rivolti a donne uscite al mercato del lavoro tramite attività di job sharing; dagli incentivi alle imprese per l’assunzione di donne in età adulta algli interventi di formazione ed orientamento volti a favorire il lavoro autonomo e l’autoimprenditorialità per citarne solo alcune. La criticità risiede nel fatto che solo il 17% dei bandi regionali si rivolge direttamente alle donne.
[Fonte: ISFOL]
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Ambito territoriale:
Tutte le regioni
Ambito Territoriale:
Diritti:
ISFOL
Data di pubblicazione:
08/03/2013
Tipologia Documentale: