Disegno di legge di riforma del mercato del lavoro approvato il 23 marzo 2012 dal Consiglio dei Ministri, relazione illustrativa del DDL e documento di presentazione della riforma.
Il testo del DDL di riforma, approvato "salvo intese", è il frutto di un lungo confronto con le parti sociali ed è attualmente all'esame del Parlamento.
Il disegno di legge individua 7 macro-aree di intervento che vanno dagli istituti contrattuali alle tutele dei lavoratori nel caso di licenziamento illegittimo, dalla flessibilità e le coperture assicurative ai fondi di solidarietà, dall’equità di genere alle politiche attive:
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La prima area riguarda gli istituti contrattuali esistenti. Con la riforma se ne preservano gli usi virtuosi, limitando quelli impropri. Il nuovo impianto del mercato delle professioni attribuisce massimo valore all’apprendistato – inteso nelle sue varie formulazioni e platee – che diviene il “trampolino di lancio” verso la maturazione professionale dei lavoratori. È un punto sul quale tutte le parti coinvolte nella concertazione si sono trovate d’accordo.
È per questo motivo che la riforma insiste fortemente sul valore formativo dell’apprendistato. Si introduce, a tal fine, un meccanismo che collega l’assunzione di nuovi apprendisti al fatto di averne stabilizzati una certa percentuale nell’ultimo triennio (50%); si prevede la durata minima di sei mesi del periodo di apprendistato (ferma restando la possibilità di durate inferiori per attività stagionali); infine, si innalza il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati dall’attuale 1/1 a 3/2.
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La seconda area di intervento riguarda le tutele del lavoratore nel caso di licenziamento illegittimo. Con la riforma si riduce l’incertezza che circonda gli esiti dei procedimenti eventualmente avviati a fronte del licenziamento. A tal fine, si introduce una precisa delimitazione dell’entità dell’indennità risarcitoria eventualmente dovuta e si eliminano alcuni costi indiretti dell’eventuale condanna (ad esempio le sanzioni amministrative dovute a fronte del ritardato pagamento dei contributi sociali). Grazie a questi provvedimenti il costo sostenuto dal datore di lavoro in caso di vittoria del lavoratore è “svincolato” dalla durata del procedimento e dalle inefficienze del sistema giudiziario.
Si prevede inoltre che il diritto alla reintegrazione nel posto del lavoro debba essere disposto dal giudice nel caso di licenziamenti discriminatori o in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare. Negli altri casi, tra cui il licenziamento per motivi economici, il datore di lavoro può essere condannato solo al pagamento di un’indennità. Particolare attenzione è riservata all’intento di evitare abusi. È prevista, infine, l’introduzione di un rito procedurale abbreviato per le controversie in materia di licenziamenti, che ridurrà ulteriormente i costi indiretti del licenziamento.
- La terza area riguarda il Fondo di solidarietà per la tutela dei lavoratori nei settori non coperti da Cassa Integrazione Straordinaria. La riforma prevede la salvaguardia e l’estensione della Cassa integrazione guadagni: un importante istituto assicurativo che ha permesso alle imprese italiane di affrontare la crisi meglio che in altri Paesi. L’istituto, infatti, offre un’integrazione salariale in caso di riduzione dell’orario di lavoro durante una congiuntura sfavorevole, consentendo di adeguare rapidamente l’orario di lavoro al calo di domanda, preservando però i singoli rapporti di lavoro e il loro contenuto di professionalità e di investimento. Allo stesso tempo, si potenzia l’istituto dell’assicurazione contro la disoccupazione estendendone l’accesso ai più giovani, a coloro che sono da poco entrati nel mercato del lavoro e alle tipologie d’impiego attualmente escluse (ad esempio quella degli apprendisti).
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La quarta area è quella della tutela dei lavoratori anziani. La riforma crea una cornice giuridica per gli esodi con costi a carico dei datori di lavoro. A tal fine è prevista la facoltà per le aziende di stipulare accordi con i sindacati maggiormente rappresentativi, finalizzati a incentivare l’esodo dei lavoratori anziani.
- La quinta area è quella dell’equità di genere. Oggi, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro risulta ancora limitata rispetto a quella degli uomini. Il divario risulta particolarmente ampio nel Mezzogiorno e tra le fasce meno qualificate è presente anche tra le fasce qualificate e di vertice (ad oggi, infatti, anche le giovani laureate trovano lavoro meno frequentemente dei colleghi maschi). Per diminuire questo divario la riforma interviene su quattro ambiti.
- Il primo è l’introduzione (a favore di tutti i lavoratori, per quanto il fenomeno riguardi prevalentemente le lavoratrici) di norme di contrasto alla pratica delle cosiddette “dimissioni in bianco”, con modalità semplificate e senza oneri per il datore di lavoro e il lavoratore e il rafforzamento (con l’estensione sino a tre anni di età del bambino) del regime della convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri.
- Il secondo ambito mira a favorire una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli. Viene quindi introdotto il congedo di paternità obbligatorio.
- Il terzo ambito riguarda il potenziamento dell’accesso delle donne alle posizioni di vertice. Si approva il regolamento che definisce termini e modalità di attuazione della disciplina delle cd “quote rosa” alle società controllate da pubbliche amministrazioni.
6. L’ultima area di intervento riguarda le politiche attive e i servizi per l’impiego. In questa area, che prevede un forte concerto tra Stato e Regioni, ci si propone di rinnovare le politiche attive, adattandole alle mutate condizioni del contesto economico e assegnando loro il ruolo effettivo di accrescimento dell’occupabilità dei soggetti e del tasso di occupazione del sistema mediante:
- attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso o soprattutto beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione
- qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro
- formazione nel continuo dei lavoratori
- riqualificazione di coloro che sono espulsi, per un loro efficace e tempestivo ricollocamento
- collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità.
Si creano inoltre, attraverso le politiche attive, canali di convergenza tra l’offerta di lavoro (nuova o connessa a perdita del posto di lavoro) e la domanda (valutazione dei fabbisogni delle imprese e coerenza dei percorsi formativi dei lavoratori e delle professionalità disponibili), in un’ottica di facilitazione del punto di incontro tra chi offre lavoro e chi lo domanda. Gli interventi di attivazione devono sottendere un patto di mutua responsabilità/obbligazione tra enti che offrono servizi per il lavoro, lavoratori, datori di lavoro. La presenza nel mercato del lavoro di intermediari privati professionali modifica la ragion d’essere dell’intervento pubblico nei processi di intermediazione, la cui finalità non può che diventare quella di intervenire prioritariamente nei confronti di soggetti deboli ed a rischio di emarginazione. Il perseguimento di una tale finalità diviene inoltre possibile non solo mediante un intervento diretto, ma anche tramite l’acquisizione di servizi da providers privati.
La presenza d’un regime di sussidi di disoccupazione rafforza la necessità di tener conto d’una finalità particolare dell’intervento pubblico: al generico “aiuto” ai soggetti deboli ed a rischio di emarginazione si aggiunge infatti l’esigenza di contrastare abusi e disincentivi connessi con l’operare dei sussidi. Questa esigenza implica che in molti casi non ci si limiterà a “mettere a disposizione” servizi (che altrimenti la logica di mercato potrebbe non fornire o non fornire a tutti a condizioni adeguate), ma si arriverà a voler “imporre” determinati interventi concreti, in una logica tutoria e di prevenzione, rispetto a possibili abusi e derive di emarginazione (attivazione o mutual obligation).
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